Sull'immagine dell'Assistente Sociale: luci ombre e stereotipi

Il titolo della lezione è “Sull'immagine dell'assistente sociale: Luci, Ombre e Stereotipi”. Affrontare questo tema è particolarmente complesso ed interessante perché apre ad una panoramica variegata che, sta al confine fra diverse discipline: dalla sociologia alla psicologia e, ovviamente al servizio sociale, ma anche ad elementi di ricerca che riguardano l'analisi dei media. Per entrare diciamo immediatamente al centro della questione, vedrete fra poco un breve frammento tratto dal film ‘Come Dio comanda’ che molti di voi sicuramente avranno visto, con la regia di Gabriele Salvatores, è un film del 2008 tratto dal romanzo di Niccolò Ammaniti. All'interno di questo film si svolge una scena breve di visita domiciliare in cui l'assistente sociale, interpretato da Fabio De Luigi, si reca a casa del padre con il figlio. Cominciate a guardare questo filmato e poi ci ragioneremo.

Come avrete notato, all'interno della visione di questo filmato ci sono una serie di elementi già molto interessanti. Qual'è lo stile, per esempio, che ha utilizzato l'attore per rappresentare l'assistente sociale? Fabio De Luigi sappiamo è un attore anche di stampo comico, quindi ha usato le sue capacità all'interno di questa interpretazione ma, avrete notato come anche si sono preparati gli utenti cittadini ad attendere la visita domiciliare dell'assistente sociale e qual'è stato il loro atteggiamento. Soprattutto, non so quale possa essere la vostra opinione, la mia è che è chiaramente una visita domiciliare all'interno di un contesto di controllo. Tant'è vero che ad un certo punto, l'assistente sociale dice al padre che cosa deve fare e quasi lo minaccia rispetto alla possibilità che vengano intraprese una serie di misure restrittive. 

Quando affrontiamo quindi il tema dell'immagine dell'assistente sociale, ci confrontiamo da un punto di vista teorico e metodologico con il concetto di stereotipo e di rappresentazione sociale, successivamente, questo ambito teorico viene coniugato con quella che è la tipica metodologia di ricerca dell'analisi dei media. Come vedete in questa slide, lo stereotipo è una percezione, od un concetto, relativamente rigido ed eccessivamente semplificato e distorto di un aspetto della realtà di persone o gruppi sociali. L'introduzione del termine ‘stereotipo’ nelle scienze sociali si deve a W. Lippman che, nel 1922 pubblicò un volume sui processi di formazione dell'opinione pubblica. Questo è un elemento di grande interesse, ovviamente ci sono stati una serie di aggiornamenti ma, è importante risalire all'origine della definizione di questo concetto. Per Lippman infatti, gli stereotipi sono “immagini delle nostre menti”: la conoscenza della realtà non avviene mai in modo diretto, oggi diremmo totalmente diretto ma, è in qualche modo mediata, ossia, dalle immagini mentali che ognuno si forma di tale realtà. In questo senso, quindi, gli stereotipi sono delle semplificazioni, spesso grossolane e molto rigide. Queste caratteristiche sono dovute al fatto che l'infinita varietà di sfumature, l'estrema complessità con le quali il mondo si presenta, non sono comprensibili alla limitata mente umana. Questa semplificazione della realtà non avviene in modo arbitrario, ma è guidata dagli schemi culturali interiorizzati ed alcuni processi cognitivi.

Sarà immediatamente chiaro a tutti voi, quali possano essere una serie di esempi nella vita quotidiana di stereotipi: per esempio che i migranti non vogliono lavorare, oppure che, come si diceva negli anni 50-60 durante le lotte di liberazione dei neri in America, i neri puzzavano, ed era per questo che non potevano avere il posto a sedere come tutti gli altri americani all'interno degli autobus, oppure, gli stessi stereotipi e successivamente pregiudizi, furono applicati agli italiani quando eravamo migranti in America. Al concetto di stereotipo si collega il concetto di rappresentazione sociale. 

Le rappresentazioni sociali sono anch'esse sistemi cognitivi che hanno una logica ed un linguaggio particolare, una struttura di implicazioni relative sia a valori, sia a concetti, uno stile di discorso che è loro proprio. Noi non vediamo in esse unicamente “opinioni su”, “immagini di”, o “atteggiamenti verso”, ma delle “teorie” destinate alla scoperta del reale e a mettere ordine in esso. Il più importante autore delle rappresentazioni sociali, infatti, è Moscovici che, riprende il concetto di rappresentazioni collettive coniato da Durkheim all'inizio del secolo, un concetto che rendeva, però, relativamente stabile la rappresentazione non modificabile, la novità che invece apporta alla concettualizzazione Moscovici è che, le rappresentazioni cambiano e questo cambiamento avviene in modo dinamico a seconda dei cambiamenti della società e della vita quotidiana all'interno della quale viviamo. 

Una rappresentazione sociale è un sistema di valori, di nozioni e di pratiche con una duplice vocazione: da un lato, instaurare un ordine che dia gli individui la possibilità di orientarsi nell'ambiente sociale, materiale e di dominarlo; dall'altro, assicurare la comunicazione tra i membri di una comunità offrendo ad essi un codice per denominare e classificare, in maniera univoca, le componenti del loro mondo, della loro storia individuale e collettiva. Potete intuire in questa teoria, anche una serie di collegamenti, di connessioni con i meccanismi di stratificazione sociale e anche di segregazione. Secondo Moscovici, due processi sono alla base della formazione delle rappresentazioni sociali: il processo di oggettivazione e quello di ancoraggio; questo è molto interessante perché ci spiega, sebbene la teoria delle rappresentazioni sociali possa apparire di primo acchito sfuggevole, ci spiega come poi, è utile nell'impiego in ricerca, come vedremo fra poco. Il processo di oggettivazione consiste nell'individuazione dell'oggetto della rappresentazione sociale e nella selezione e organizzazione delle informazioni ad esso relative. Tali informazioni, dopo essere state liberate dal loro contesto nel quale sono state estrapolate, vengono riassemblate in uno schema figurativo che è il nucleo essenziale della rappresentazione, attraverso un processo di naturalizzazione lo schema figurativo si materializza e si traduce in elementi concreti

 

Questo testo è estratto dal nostro video-corso Fad L’Assistente Sociale non ruba i bambini, ha come scopo quello di informare e permette di approfondire tematiche legate al corso.

Estratto della lezione della dott.ssa: Elena ALLEGRI

Elena Allegri
Professore aggregato di Sociologia e di Servizio Sociale
Università del Piemonte Orientale DIGSPES - Alessandria
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