Covid 19. Corpo sociale e corpo umano: conseguenze post-pandemiche e design di opportunità

Buongiorno a tutti, sono Alessandra Sannella, professore di sociologia e politiche sociali all’Università di Cassino e del Lazio Meridionale. In particolar modo sono esperta, o mi auguro di poterlo essere da grande, di sociologia della salute e della medicina, quindi il mio intervento oggi sarà in particolar modo teso ad illustrare quelle che sono state e che sono le dinamiche di tipo socio-relazionale rispetto a quello che è la pandemia da Sars-Cov-2. Un interessantissimo fenomeno che ha riguardato, come ben sapete, la contemporaneità di questo 2020, ma riguarderà soprattutto qualcosa in più probabilmente negli anni a venire, ovvero una trasformazione di tipo socio-sanitario rispetto alla malattia.

Cosi lo immaginiamo infatti, sia come studiosi, ma anche come cittadini che, prevalentemente in questo nuovo secolo, si sono scontrati con una grande pandemia, un grande fenomeno sociale che ci ha riguardati tutti. In questo senso la mia riflessione, che vorrei portare alla vostra attenzione, riguarderà in particolar modo un fenomeno che è quello della riduzione delle disuguaglianze in epoca pandemica ma anche post-pandemica. Per questo motivo ho immaginato che potevamo fare uno sforzo ulteriore cioè quello di guardare un po' la storia delle nostre società, non poi così lontane, a volte lontane dal punto di vista geografico o tempo-storico, ma non così lontane dal punto di vista culturale. Quindi vi invito a riflettere insieme a me su una storia che conoscete bene, che è quella del corpo sociale e del corpo umano ma soprattutto su queste grandi domande che ci siamo fatti in questi mesi cioè: quali conseguenze può avere la post-pandemia? Quando potremmo dire di essere in epoca post-pandemica? Soprattutto, potremmo designare delle nuove opportunità?Come in tutte le crisi c’è una crasi di mezzo, ovvero una crisi che potrebbe portare minacce che sono quelle ovviamente a carico della salute delle persone e delle opportunità dei sistemi. Andiamo a vedere meglio di cosa possiamo parlare se parliamo di corpo sociale. Vi ricorderete l'apologo di Menenio Agrippa ai Romani, nel 495 a.C. ci fu una grande rivolta della plebe, la cosa interessante è che Menenio Agrippa era un console Romano, particolarmente noto per aver svolto questo dialogo importante ai plebei subito dopo una grave carestia di grano.

Dice Tito Livio nel suo secondo libro “Ab urbe condita”: “Una volta, le membra dell'uomo, constatando che lo stomaco se ne stava ozioso senza ad attendere cibo, ruppero con lui gli accordi e cospirarono tra loro, decidendo che le mani non portassero cibo alla bocca, né che, portatolo, la bocca lo accettasse, né che i denti lo confezionassero a dovere.” Interessante immaginare, come ricorderete, che i plebei se ne andarono dalle case dei patrizi, da Roma, quindi fu un evento di straordinario eco politico. I patrizi chiamarono Menenio Agrippa chiedendo aiuto, e allora quest’ultimo recitò questo famoso apologo di cui vi ho appena narrato un pezzo. Ma la cosa interessante è che Menenio Agrippa continuando questo suo apologo ci dice: “mentre intendevano domare lo stomaco, a indebolirsi furono anche loro stesse, e il corpo intero giunse a deperimento estremo. Di qui apparve che l’ufficio dello stomaco non è quello di un pigro, ma che una volta accolti, distribuisce i i cibi per tutte le membra”. Questa storia importantissima ci dice che tornarono in amicizia con lui, quindi Senato e popolo si riunirono di nuovo e la discordia perì con la concordia rimanendo in salute. Voi sapete che le metafore della salute e del corpo umano sono molteplici nella nostra lingua, non è un caso, perché vanno a significare proprio quella conciliazione di errori tra la morale e la salute. Per cui, rimanere in salute, che era l'obiettivo del corpo sociale e del corpo umano, ancora oggi si arricchisce di metafore: “non mi fare il sangue amaro”, “è morto bene”. Riusciamo sempre ad obnubilare l'aspetto prettamente sanitario, per renderlo più vicino a noi, una vicinanza interessante proprio perché, questa grande pandemia che si è verificata appunto all'interno di mega trend internazionali, come quella della Sars-Cov-2, possiamo dire che è stata un fatto sociale totale.

Questo termine veniva utilizzato già nel 1928 da Marcel Mauss, nipote di Durkheim, il quale ricavando il termine di fatto sociale, quindi un evento che riguardava la società di appartenenza dell'individuo, poteva proprio trovare un elemento di comprensione totale. Questo è il primo fatto sociale totale della storia cioè, un evento che ha riguardato tutte le società, ma in particolar modo gli individui più o meno con la stessa entità. Il fatto sociale totale, provocato dalla pandemia virale, ha rappresentato una sorta di metafora stravolta, noi sappiamo infatti che le società procedono per metafore e per ricognizioni gutturali e questa metafora del tempo segna il nostro immergerci in uno spazio distanziato. Dall'altro lato troviamo in cronotopi, cioè questa dimensione spazio-temporale, annullata da dispositivi mobili, che ci hanno messo in contatto con i parenti attraverso le videochiamate, ci hanno dato la possibilità di raggiungere i nostri prossimi amici e parenti attraverso il digital, ma sono gli stessi strumenti che ci hanno anche fatto illudere di poter controllare l'epidemia. Questa è un'illusione della tecnologia, cioè qualcosa che non ci avrebbe mai fatto pensare, fino a quando non abbiamo proceduto per la dura via del lockdown, che stesse accadendo qualcosa di irreparabile. Ovviamente avevamo avuto altri problemi di tipo pandemico virale, ma anche altre pandemie come l'obesità, definita così dall’OMS, cioè un evento che può essere gestito con una serie di controlli socio-terapeutici e clinici, ma che riguardano comunque la globalità del mondo, più o meno in condizioni e in dati epidemiologici differenti.

L’illusione che la pandemia potesse essere controllata è sicuramente frutto di un'epoca pre-pandemica, ad un certo punto ci siamo infatti un po' illusi che la società occidentale, e qui bisogna fare un grande relativismo culturale, potesse controllare tante cose, come gli uomini attraverso le telecamere per esempio, e di poterci affidare alla tecnologia prima che alla scienza. Ovviamente le scienze socio-sanitarie, mediche, cliniche hanno una disciplina molto importante che dovrebbe essere la protagonista della comunicazione, quindi la “doxa” dovrebbe essere attenta a ciò che “l’episteme”, quindi la conoscenza ci trasmette. Purtroppo questa dimensione sfuggente della tecnologia e dell’illusione, che ci ha dato la società digitale.

Questo testo è estratto dalla video lezione della prof.ssa Alessandra Sannella, dal corso FAD ECM "Covid 19: aspettando il Day After - parte 2"

Alessandra SANNELLA
Sociologa
Università di Cassino e del Lazio Meridionale
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