Il dolore nella donna

Il dolore nella donna è frequente e diffuso sia per quanto riguarda la ginecologia, sia per quanto riguarda l’ostetricia, in particolar modo, per quanto riguarda la fase del travaglio durante il parto.

Il dolore pelvico cronico è descritto in termini di danno, non è un oggetto di studio molto discusso in quanto molto frequente nella donna, e frequente è sentire donne che vanno dal ginecologo o da altri specialisti lamentando questo dolore addominale ciclico e non ciclico che può essere costante o intermittente, soprattutto a livello pelvico, a livello del quadrante superiore addominale pelvico e a volte in sedi non meglio identificate. Spesso riesce a diffondersi fino alla schiena, fino addirittura alla zona perianale, se persiste da almeno sei mesi.

Dai dati riportati, almeno il 10% delle donne che consultano uno specialista ginecologo lamentano questo tipo di dolore spesso anche cronicizzato e arriva a essere così definibile da avere un forte impatto sulla sua attività lavorativa, sulla vita sociale e sulla vita sessuale e che spesso è causa di indagini ad ampio spettro da parte di équipe di specialisti, arrivando anche a dover ricorrere a rimedi chirurgici, come sa chi si occupa soprattutto di ginecologia e in particolare di laparoscopia ginecologica, quindi di diagnostiche invasive o, come vengono definite oggi, diagnostiche mini-invasive fino al 40%. Esistono casi, circa il 12-15%, in cui donne con dolore pelvico cronico, solo sulla base del dolore che avvertono e senza affidarsi a nessun tipo di terapia alternativa, preferiscono effettuare un’isterectomia, quindi l'asportazione dell'utero, o a volte l’ablazione delle ovaie per risolvere il problema.

Bisogna dire che spesso, nonostante l’esistenza di chirurgia demolitiva, è bene ricordare che queste pazienti spesso risultano avere problemi di carattere emozionale; si tratta di pazienti, quindi, con serie difficoltà caratteriali, per cui addirittura, anche dopo un intervento di questo genere continuano a percepire il dolore in maniera inalterata. In questo tipo di situazioni, dunque, è giusto specificare che il dolore, nonostante un possibile intervento, potrebbe persistere. Sappiamo infatti che da un punto di vista epidemiologico questo tipo di dolore è particolarmente soggettivo, ma non abbiamo ancora dati di valutazione standardizzabili. Ciò che sappiamo è che  tra il 3-4% e il 40% della popolazione femminile generale apparentemente sana lamenta il dolore pelvico cronico e per quanto riguarda i costi si traducono in cifre molto elevate, trattandosi di indagini chirurgiche e controlli ginecologici che negli Stati Uniti arrivano a 800 milioni di dollari l’anno.

Si capisce inoltre che la manovra anatomica delle pelvi è molto complicata perchè l’applicazione si trova al di là del nervo pudendo, nervo preposto all’innervazione perianale uterina, che riconosce la presenza di tutte le componenti del sistema nervoso autonomo simpatico, il parasimpatico e del sistema somatico, originandosi dal segmento toraco-lombare, dalla t10a fino ai segmenti sacrali.

Questo dolore pelvico cronico può essere di due tipi: uno di carattere puramente viscerale e uno di carattere somatico. 

Il dolore pelvico viscerale viene avvertito a livello generico sulla superficie epidermica, non dando la possibilità alla paziente di identificare con certezza il punto di origine del dolore, riportandolo come un dolore diffuso. Nel caso del dolore pelvico somatico, invece, la paziente riesce a identificare il dolore come proveniente da una determinata regione con una precisione maggiore, ma comunque, senza un’indagine più complessa, è pressoché impossibile identificare con precisione assoluta, per cui viene denominato come aspecifico diffuso, irradiandosi dalla schiena alle spalle o a organi che non hanno alcun tipo di relazione con il problema in questione.

Tutto questo spiega come mai questo tipo di dolore, anche quando si tratta di uno stadio non grave o comunque benigno, possa incidere moltissimo sulla qualità di vita delle donne che colpisce, arrivando a procurare problemi di carattere psicologico emozionale, se non psichiatrico, minando l’autostima e scatenando fenomeni d’ansia e depressione che possano compromettere le loro relazioni matrimoniali o intaccare equilibri lavorativi e familiari e tutto questo le porta a cambiare frequentemente medico e altrettanto frequentemente sospendono i controlli follow-up. Non avendo parametri così certi, gli specialisti a volte tendono a esagerare nel dover necessariamente trovare una diagnosi, per cui sarebbe necessario identificare una scala di valutazione del dolore che possa essere utilizzata semplicemente, come ad esempio le scale di classe, oppure la richiesta di compilazione di un questionario che aiuti nella presa di coscienza del tipo di dolore che colpisce la paziente. Questi strumenti dovrebbero essere in mano sia di medici che di specialisti.

 

Questo testo è estratto dal nostro video-corso Fad ECM Lenire il dolore è buona sanità, ha come scopo quello di informare e permette di approfondire tematiche legate al corso.

Estratto della lezione del dott. Terenzio BONI

Terenzio Boni
Professore Associato
La Sapienza Università di Roma
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