Anticipare e gestire interazioni aggressive e violente nei servizi sociali e socio–sanitari. Strategie dialogiche

Saluto tutti, sono Luigi Colaianni, mi è stato affidato uno degli undici speech che compongono questa offerta formativa, che tratta di configurazioni che possono verificarsi nell'ambito dei servizi alla persona e comunque anche dell'attività professionale, là dove la controversia può generare conflitto e quindi anche ricadute pragmatiche comportamentale come aggressioni, violenze ecc. Il titolo di questa lezione è: “Anticipare e gestire interazioni aggressive e violente nei servizi sociali e socio-sanitari. Strategie dialogiche”.

Ho considerato importante e necessario distinguere un po' due livelli in cui si incastona il nostro ragionamento. Allora, il primo è: “Il senso comune”. Sono termini di senso comune, ragioniamo di senso comune, sono termini dunque che ricorrono non solo nel linguaggio degli operatori professionali, ma anche nei media, nei discorsi che tutti quanti facciamo in virtù del linguaggio. Allora, ragioniamo un po' di cosa sia il senso comune e lo farò con un aforisma tratto dal libro di Edgar Foster Wallace, “Questa è l'acqua”. L'autore scrive rappresenta questa situazione: “Ci sono due pesci che nuotano e ad un certo punto, incontrò un pesce anziano che va nella direzione opposta e questi fa un cenno di saluto e dice: “Salve, ragazzi. Com’è l'acqua?” I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: “Che cavolo è l’acqua?”. Ecco, il ragionamento che dipaneremo mira a non considerare, così come il senso comune fa, l'acqua come un dato di fatto, un elemento ovvio, quasi invisibile, e per usare una metafora che tenga gli stessi contenuti ma che li guarda con un punto di vista più fertile, e quindi un senso scientifico, propongo questo statement, preso dai Lavori di Wittgenstein, in cui scrive: “I pesci sono gli ultimi ad accorgersi dell'acqua; chi usa una lingua, tende a un realismo ingenuo, vedendola come un riflesso della realtà, non come qualcosa di costruito. 

Gli aspetti delle cose per noi più importanti sono nascosti proprio per la loro familiarità; siamo incapaci di vederli proprio perché stanno sotto il nostro naso”. Ecco, il linguaggio, quindi ciò che dà forma a ogni interazione umana, e quindi a gran parte delle nostre azioni comunicative, non è considerato come mero strumento di rappresentazione del mondo, ma è vera e propria “costruzione del mondo”. La vignetta laterale è simpatica perché è divertente il rapporto fra essere in acqua e essere in aria. Cosa ci dice Wittgenstein a proposito di linguaggio? Egli afferma: “Ma quanti tipi di proposizioni ci sono? Per esempio: asserzione, domanda e ordine?- Di tali tipi ne esistono innumerevoli: innumerevoli tipi differenti d'impiego di tutto ciò che chiamiamo “segno”, “parole” e “proposizioni”.

Questa molteplicità non è qualcosa di fisso, di dato una volta per tutte, ma nuovi tipi di linguaggio, nuovi giochi linguistici (Ecco, questo insieme di parole “giochi linguistici”, è centrale nel nostro ragionamento, nel ragionamento di Wittgenstein) come potremmo dire, sorgono e altri invecchiano e vengono dimenticati. Qui, la locuzione “gioco linguistico” scrive sempre: “E' destinata a mettere in evidenza il fatto che il parlare un linguaggio fa parte di un attività, ovvero di una forma di vita”. 

Ecco, il linguaggio viene considerato come una specificità proprio della specie umana, ricordo: parliamo di linguaggio non di lingua, cioè non di idioma ma di tutte le forme che il linguaggio e quindi la produzione disegna, annovera. Vediamo ancora come questa forma di vita viene collocata: “Così, dunque, (qualcuno chiede a Wittgenstein) tu dici che è la concordanza fra gli uomini a decidere che cosa è vero che cosa è falso?” Statement molto interessante. Egli risponde così: “Vero e falso è ciò che gli uomini dicono; e nel linguaggio gli uomini concordano.

E questa non è una concordanza delle opinioni, ma della forma di vita. Il cane crede che il padrone sia alla porta. Ma può anche credere che il padrone arriverà dopodomani? E che cosa non può fare?- Come lo faccio io?- Che cosa devo rispondere a questa domanda? Può sperare solo colui che può parlare? Solo colui che è padrone dell’impiego di un linguaggio. Cioè, i fenomeni dello sperare sono modificazioni di questa complicata forma di vita. (Un concetto che si riferisca a un carattere della scrittura umana, non può essere applicato a esseri che non posseggono la scrittura)”. Ecco, una forma di vita specifica quindi altro che l'ovvietà, il senso comune, il linguaggio comune, è una forma di vita che genera e configura il mondo.

Allora, in virtù di questa premessa metodologica, nel trattare “aggressività” e “violenza”, quindi due termini che certamente sono stati trattati negli altri 10 speech e che sono spesso nei nostri discorsi, è necessario per aderenza al senso scientifico, considerare che si tratta di costrutti discorsivi di senso comune, ovvero di linguaggio comune, che necessita di essere decostruito in virtù dell'impiego che se ne fa - spesso impropriamente - anche in contesti scientifici.

Ovvero, talvolta avviene che anche in contesti scientifici, si consideri come concetti e non come costrutti, cioè come elementi che abbiano un'unica declinazione possibile, un'unica corrispondenza referenziale, vedremo come non sia così, neanche nel linguaggio comune e quindi nella definizione che i dizionari ne danno. 

Ragioniamo un po' di definizioni. Leggendo nell'enciclopedia Treccani, aggressività: derivazione di aggressivo; l'essere aggressivo; impetuosità; violenza; vedete è usato quasi in maniera sinonimica: aggressivo e violento, aggressività e violenza. Nello sport è considerato come spirito agonistico, con gli usi figurati e quindi con tutti gli usi metaforici: una bellezza di un'aggressività sconvolgente, di uno stile di un cantante, di un esecutore. Vediamo in psicologia ed etologia viene definita come: tendenza istintiva variamente definita, quindi un qualche cosa che fa parte di una proprietà attribuibile all'individuo, una tendenza istintiva, ipotizzata però come causa di comportamenti e quindi ci muoviamo nell'ambito del realismo ipotetico, cioè tale ipotesi andrebbe falsificata ma la si pone alla base sostanzialmente della definizione, dell'uso poi che se ne fa di tale termine.

Quindi: ipotizzata come causa di comportamenti caratterizzati da minacce e attacco, e da taluno considerati come provocati da situazioni conflittuali o da frustrazione. Allora, da una parte vi è una tendenza istintiva, quindi un elemento disposizionale, vedremo questo termine più avanti come possiamo definirlo e come ci sarà utile, e dall'altra parte, tale tendenza prende forma, si realizza, si attualizza in situazioni conflittuali o frustrazione. Ecco, c'è un elemento in quest'ultima parte della definizione, di tipo non più disposizionale, ma situazionale; ovvero è necessario che si configuri qualcosa come conflitto. Aggredire corrispondente al latino aggredì, e vediamo come ci distogliamo da questo elemento di tendenza e quindi tendenza interna, e d'altra parte a connotazione negativa, vediamo con pazienza, seguiamo cosa ci dice il testo.

 

Questo testo è estratto dal nostro video-corso Fad HELP!, ha come scopo quello di informare e permette di approfondire tematiche legate al corso.

Estratto della lezione del dott.: Luigi COLAIANNI

Luigi Colaianni
Formatore, Sociologo della Salute,
Laboratorio M.A.D.I.T. Unipd
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